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«Non puoi capire quanto sto male», D'ora in poi questa frase è bandita. Perché ora sappiamo che al nostro cervello basta uno sguardo per immedesimarsi negli sforzi (e nel dolore) altrui. E questo infatti il risultato di una ricerca pubblicata nell'ultimo numero della rivista «Current Biology» e condotta da alcuni neuroscienziati italiani, tra cui un ricercatore dell'Alma Mater, il trentunenne Alessio Avenanti . Il meccanismo studiato è automatico : quando guardiamo qualcuno che compie un gesto doloroso i nostri neuroni si attivano come se provassimo in prima persona le stesse sensazioni. Oltre al passo avanti nello studio delta mente umana, questa scoperta potrebbe avere anche applicazioni terapeutiche in particolare per chi è stato colpito da ictus . Il cosiddett o «effetto minor», cioè la capacità di rispecchiare nella nostra mente i gesti che osserviamo, era già noto, Era stata riconosciuta questa capacità nei neuroni motori, quelli che controllano i movimenti, La novità è che questo fenomeno è stato osservato per la prima volta anche nei neuroni somatosensoriali, quelli che, mentre si compie un certo movimento, gestiscono le sensazioni corporee : danno consapevolezza della posizione degli arti e fanno percepire, per esempio, il senso di sforzo muscolare e il dolore. «Ci siamo concentrati suquesti neuroni, situati nella parte sensitiva della corteccia cerebrale spiega Avenanti - e abbiamo dimostrato che l'effetto minor coinvolge anche loro», Come? La tecnica utilizzata dal team di neuroscienziati (tra cui anche ricercatori della sapienza di Roma e della Bicocca di Milano) si chiama stimolazione magnetica trancranica e permette di amplificare l'effetto «specchiante» delle cellule nervose e misurarlo. Non solo: consente anche di disattivare temporaneament e determinate aree cerebrali pe riverificarne la specifica funzione. In pratica, un gruppo di persone è stato messo davanti a uno schermo dove passavano diversi tipi di scene, mentre il loro cervello veniva monitorato e parzialmente «oscurato». Si è osservato che, quando veniva «spenta» l'area dei neuroni motori, i soggetti sotto test non rispondevano più a scene di azioni quotidiane: guardando una persona che passeggia, nessun «effetto specchio» si rip roduceva nel cervello. Ouando invece veniva «spenta » l'area dei neuroni somatosenso dati, i soggetti non reagivan o più alle azioni più critiche, definite biomeccanicamente impossibili». Avenanti fa un esempio discena di questo tipo : «Un niscossore di crediti che spezza un dito a qualcuno» . Per «sentire» cosa prova il malcapitato debitore, insomma, bisogna che siano attivi i neuroni responsabili delle percezioni sensoriali. Che poi ci siano persone più o meno sensibili all'«empatia» con gli altri, questa è un'altra storia: «Sono già stat e fatte delle ricerche chiarisce Avenanti — e si è visto pe resempio che spesso le donne hanno effetti minor più intensi» . Sul perché, non c'è nulla di certo : «Potrebbe avere a che fare con la genetica o con aspett iculturali». Intanto, comunque, Avenanti è proiettato sulle possibili applicazioni terapeutich e della scoperta fatta, che potrebbe aiutare le persone colpite daictus o da altre lesioni del cervello: «Pensiamo dice l o scienziato — a chi riesce a compiere un'azione ma non sa regolare la sua forza, cioè ha un danno a livello sensoriale: beve ma stringe troppo il bicchiere e l o rompe. Potremmo sfruttare la proprietà risanante del cervello per interventi terapeutici basati sull'osservazione degli altri». Cioè, facendo vedere de i filmati ai pazienti in modo che reimparino come muovers i senza farsi male . «Stiamo iniziando la sperimentazione», conclude. Benedetta Boidrin 

L'esperimento
Il ricercatore Alessio Avenanti mentre studia le reazioni cerebrali di una ragazza tramite
la stimolazione magnetica transcranica